ANNO 14 n° 119
Peperino&Co. H&M sì o no?
di Andrea Bentivegna
19/11/2016 - 02:02

di Andrea Bentivegna

Era prevedibile come la pioggia il giorno della fiera di Santa Rosa, mi sto riferendo alla polemica all’indomani dell’apertura di H&M in via Matteotti, giusto a due passi da piazza del Teatro. Da subito infatti le opinioni della gente si sono attestate su posizioni diametralmente opposte, ognuno asserragliato nella propria convinzione, con i favorevoli da una parte e gli indignati dall’altra. Porterà lavoro e gente nel centro storico, dicono i primi. Danneggerà i piccoli commercianti replicano i secondi. Be’ inutile cercare di convincere qualcuno tanto si tratta di una polemica inutile.

Il nuovo store del colosso svedese non distruggerà il prezioso centro di Viterbo, ma se è per questo non porterà nemmeno benefici. Certo i posti di lavoro che creerà saranno una boccata d’ossigeno, ma se allarghiamo un po lo sguardo sul contesto generale le ricadute saranno modeste. Perché mi spingo ad affermare una simile bestialità? Per il semplice fatto che la malattia che ha reso agonizzate il cuore della nostra città è stata troppe volte mal diagnosticata e soprattutto mai curata; Nemmeno questa volta.

Alcuni anni fa si è iniziato a pensare che per risolvere i problemi del centro occorresse portarci gente, cosa che detta così può apparire ineccepibile e che è pure riuscita almeno negli ultimi tempi. Si perchè bisogna ammetterlo i turisti sono in aumento, timidamente certo ma comunque la tendenza è ben percettibile; Il centro -o almeno una parte di esso- si è popolato di locali e di pari passo si sono moltiplicate iniziative e festival che sempre più spesso riempiono i vicoli e le piazze. Insomma un successo. Fermi tutti, non è così semplice perchè a dispetto di tutto questo il degrado non è diminuito, anzi, è indiscutibilmente esploso e persino nella sonnolenta Viterbo la gente la sera ha iniziato a sentirsi talvolta inaspettatamente insicura. Come è possibile? Eppure il centro è molto più frequentato oggi che dici anni fa. Ecco tutto si nasconde nella sottile differenza semantica tra le parole frequentato e abitato. A ben guardare infatti i frequentatori sono cresciuti in modo indirettamente proporzionale al numero di coloro che negli stessi luoghi vivono. Il centro insomma si sta spopolando, un fenomeno iniziato molti anni fa ma che di recente è divenuto più preoccupante dal momento che molti negozi hanno lasciato il posto ai locali della movida e tante case si sono trasformate in più redditizi bad & breakfast.

Inconsapevolmente infatti ci stiamo quasi rassegnando all’idea che Viterbo, o almeno la sua parte più antica, debba trasformarsi in una sorta di parco giochi in cui si possa andare a fare shopping, a mangiare una pizza o a bere una cosa, circondati da comitive di turisti che scattano foto ammirando splendidi scorci. Il vero problema di questo scenario inizia però nel momento in cui arriva l’ora di chiusura del parco, quando cioè lì in centro non rimane più nessuno, ovvero l’abbandono.

Uno scenario apocalittico obietteranno in molti. Io me lo auguro, ma se ci guardiamo un po attorno, si tratta di una previsione abbastanza facile da azzardare. Molti quartieri -e in alcuni casi limite città intere- hanno già compiuto questa trasformazione, basta pensare ai centri storici di Roma o Firenze e al caso limite di Venezia ma anche a tanti piccoli borghi dell’Umbria o della Toscana.

Quale dovrebbe essere invece la ricetta alternativa? Ecco non ne esiste una o meglio non ne dovrebbe esistere solo una. Si perché il vero guaio di questo processo è la settorializzazione della città, destinare cioè al centro storico una sola funzione, in questo caso lo svago. Un simile approccio ha storicamente evidenziato i suoi limiti nella progettazione delle città e rischia di essere deleterio e persino dannoso. La città è, da sempre, una realtà complessa dove individui di tutti i tipi vivono e interagiscono in una varietà imprevedibile di modi, annullare questa caratteristica assegnando ad una parte, anzi a tutta la parte antica e monumentale, una sola destinazione significa ucciderla.

Non si tratta dunque di essere contrari ad H&M o esempi analoghi, anzi, questi investimenti possono essere utili ma solo al patto che qualcosa, nella tendenza generali cambi. Il futuro di Viterbo è certamente nel turismo, inevitabilmente nella movida e nello shopping di marchi internazionali ma soprattutto nei viterbesi; Coloro i quali la città la vivono tutti i giorni, tutto il giorno. Gli stessi per intenderci che ci hanno consegnato questa città intatta nel corso dei secoli.





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